IL RACCONTO DELLE MAFIE ATTRAVERSO IL CINEMA E LA TELEVISIONE, CON MARCELLO RAVVEDUTO
“Perché parliamo di rappresentazione delle mafie? Perché dalla rappresentazione delle mafie nasce la percezione del fenomeno mafioso”. Così Marcello Ravveduto, docente di Digital Public History all’ Università di Salerno e di Modena e Reggio Emilia, ha introdotto l’intervento che si è svolto lunedì 26 marzo al quale hanno partecipato alcune scuole superiori della provincia di Cuneo. Il professore è autore del libro “Lo spettacolo della mafia. Storia di un immaginario tra realtà e finzione”.
Il tema che abbiamo voluto trattare è stato, infatti, quello della rappresentazione delle mafie nel cinema e nella tv, dagli albori fino ad oggi. Molto spesso quello che arriva a noi e alla società in generale è un racconto che passa attraverso vari filtri. Uno tra questi, spiega il professor Ravveduto, è il medium. Dal dopoguerra la RAI si è occupata di raccontare la mafia. Emblematico è il caso di Joe Petrosino, spiega il professor Ravveduto. Joe Petrosino viene definito da Ravveduto come il proto-eroe dell’antimafia, colui che per primo ha subito l’effetto dei media. Attraverso la trasposizione letteraria e televisiva è stato creato il personaggio a partire dalla figura storica. Tanto che viene preso come spunto per creare il personaggio di fantasia Nick Carter e viene paragonato a Sherlock Holmes. Ravveduto rimarca più volte l’importanza della figura di Petrosino nella creazione dell’immaginario del detective, rappresentazione che ritroveremo nei mafia movies prima e nei gangster movies dopo.
Uno dei primi cosiddetti mafia movies è quello tratto dal libro “Il giorno della civetta” di Sciascia. I mafia movies nascono dai western all’italiana, in quanto sono l’unico modo per poter parlare di violenza senza ricadere nella pesante censura dell’Italia degli anni ’60. Le scene che ritroviamo nel film diretto da Damiano Damiani richiamano fortemente quelle che si vedono in “Mezzogiorno di fuoco” o in altri spaghetti-western. Significative sono la costruzione della scena in cui si svolge la storia e la costruzione dei personaggi. Abbiamo subito chiara la contrapposizione tra bene e male, tra Stato e mafia. Da un lato il capitano Bellodi e dall’altro don Mariano. La scena più importante è quella dove i due protagonisti si scontrano senza però toccarsi. Sono in casa uno di fronte all’altro, separati da una linea immaginaria come se si specchiassero. Entrambi si riconoscono come pari. Damiano Damiani ci restituisce in questo modo forse una delle più esplicative spiegazioni di cosa sia la mafia: l’anti-Stato. Ma non solo, perché mafia e Stato sono uno l’immagine speculare dell’altro, entrambi si riconoscono come ordinamenti. È proprio su questo che il professor Ravveduto ha posto l’attenzione: l’interpretazione dei film è fondamentale per poter avere una rappresentazione quanto più fedele possibile, ma per fare questo dobbiamo avere gli strumenti, ovvero un metodo scientifico di analisi. I medium parlano al pubblico, ma ognuno di noi percepisce informazioni diverse in base al proprio bagaglio culturale. Tornando ai giorni nostri un punto di svolta importante è l’uscita di “Gomorra”, prima libro, poi film e infine serie tv. Ci discostiamo molto da quello che era stato raccontato in passato. Non abbiamo più due fazioni che si scontrano, nei sobborghi di Napoli non c’è spazio per la magistratura e i poliziotti. Quello che ci viene presentato è un mondo in cui abbiamo solo camorra, una società nella società. Come i “neri” o i “latinos” anche i camorristi vivono come in un ghetto, hanno una lingua loro e loro usanze. Si rompe l’immaginario precedente: lavorano come narcotrafficanti internazionali ma si comportano e ragionano come se vivessero in una società chiusa. Ravveduto sottolinea inoltre che serve a poco pensare se “Gomorra” abbia un impatto positivo o negativo sulle giovani generazioni, se prima non ci si preoccupa di fornire ai ragazzini gli strumenti per capire quello che vedono rappresentato.
A conclusione dell’evento il professor Ravveduto ha lasciato spazio ad alcune domande. Tra queste è emerso il tema del ruolo della donna. A proposito di questo il professor Ravveduto sostiene che le donne siano entrate nella narrazione in un secondo momento e sempre legate a un uomo. Tra gli esempi che riporta ci sono Rita Atria, una storia di redenzione molto forte di una ragazza che si emancipa ma che ancora resta legata a un uomo che in questo caso è Borsellino; poi abbiamo Lea Garofalo, che secondo il professore può essere vista come la corrispondente femminile di Peppino Impastato, entrambi di famiglie mafiose ma che da queste prendono le distanze. Ovviamente abbiamo anche donne che sono state vicine a uomini dell’antimafia come Francesca Morvillo e Emanuela Setti Carraro, che hanno fatta loro la missione degli uomini che avevano a fianco con coscienza e sacrificio, diventando loro stesse donne di antimafia.
Un’altra domanda invece ci ha permesso di introdurre il tema del racconto epico della mafia nel nostro Paese. Per parlare di questo Ravveduto ha spiegato di come l’antimafia abbia creato, soprattutto a partire dalla seconda Repubblica, una religione civile che origina dai valori della Resistenza. Soprattutto con le stragi del ’92 e ’93 questo concetto si rafforza, tanto che l’ANPI ha sostituito nel suo statuto la parola Resistenza con Resistenze, dove insieme alla Resistenza storica abbiamo quella perenne, che rinnova e perpetua la lotta per la libertà nata nel ’43.
L’intervento si è concluso parlando dei pregiudizi e di come questi oltre che essere presenti condizionano la percezione del fenomeno soprattutto al nord. Come dice Ravveduto, basti pensare ai titoli di giornali all’indomani di un’operazione antimafia al nord: troviamo sempre riferimenti al sud, si cercherà di attribuire il fenomeno al meridione, come a voler ripulire il nord da ogni peccato. Purtroppo la mafia non è solo violenza e sangue, anzi laddove trova persone con cui creare contratti la violenza non ha senso di essere usata. Ciò che è malato è il mafioso ma anche la nostra economia e il modo di fare impresa, tanto al sud quanto al nord.
Come più volte ricordato da Ravveduto quello che serve è essere informati, per poter capire meglio quello che ci viene mostrato al cinema e in tv, in modo da poter avere una rappresentazione del fenomeno il più vicino alla realtà possibile.
Ringraziamo la Fondazione CRC e il CSV Centro Servizi per il volontariato per sostenerci in questo progetto. Ringraziamo il professor Ravveduto per averci dedicato il suo tempo e la sua competenza. Ringraziamo ovviamente tutti ragazzi delle scuole che hanno partecipato, senza i quali questo incontro non avrebbe potuto esistere.
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di Francesca Rossanino