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MAFIA TRA REALTA’ E FINZIONE

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IL RACCONTO DELLE MAFIE ATTRAVERSO IL CINEMA E LA TELEVISIONE, CON MARCELLO RAVVEDUTO

“Perché parliamo di rappresentazione delle mafie? Perché dalla rappresentazione delle mafie nasce la percezione del fenomeno mafioso”. Così Marcello Ravveduto, docente di Digital Public History all’ Università di Salerno e di Modena e Reggio Emilia, ha introdotto l’intervento che si è svolto lunedì 26 marzo al quale hanno partecipato alcune scuole superiori della provincia di Cuneo. Il professore è autore del libro “Lo spettacolo della mafia. Storia di un immaginario tra realtà e finzione”.

Il tema che abbiamo voluto trattare è stato, infatti, quello della rappresentazione delle mafie nel cinema e nella tv, dagli albori fino ad oggi. Molto spesso quello che arriva a noi e alla società in generale è un racconto che passa attraverso vari filtri. Uno tra questi, spiega il professor Ravveduto, è il medium. Dal dopoguerra la RAI si è occupata di raccontare la mafia. Emblematico è il caso di Joe Petrosino, spiega il professor Ravveduto. Joe Petrosino viene definito da Ravveduto come il proto-eroe dell’antimafia, colui che per primo ha subito l’effetto dei media. Attraverso la trasposizione letteraria e televisiva è stato creato il personaggio a partire dalla figura storica. Tanto che viene preso come spunto per creare il personaggio di fantasia Nick Carter e viene paragonato a Sherlock Holmes. Ravveduto rimarca più volte l’importanza della figura di Petrosino nella creazione dell’immaginario del detective, rappresentazione che ritroveremo nei mafia movies prima e nei gangster movies dopo.

Uno dei primi cosiddetti mafia movies è quello tratto dal libro “Il giorno della civetta” di Sciascia. I mafia movies nascono dai western all’italiana, in quanto sono l’unico modo per poter parlare di violenza senza ricadere nella pesante censura dell’Italia degli anni ’60. Le scene che ritroviamo nel film diretto da Damiano Damiani richiamano fortemente quelle che si vedono in “Mezzogiorno di fuoco” o in altri spaghetti-western. Significative sono la costruzione della scena in cui si svolge la storia e la costruzione dei personaggi. Abbiamo subito chiara la contrapposizione tra bene e male, tra Stato e mafia. Da un lato il capitano Bellodi e dall’altro don Mariano. La scena più importante è quella dove i due protagonisti si scontrano senza però toccarsi. Sono in casa uno di fronte all’altro, separati da una linea immaginaria come se si specchiassero. Entrambi si riconoscono come pari. Damiano Damiani ci restituisce in questo modo forse una delle più esplicative spiegazioni di cosa sia la mafia: l’anti-Stato. Ma non solo, perché mafia e Stato sono uno l’immagine speculare dell’altro, entrambi si riconoscono come ordinamenti. È proprio su questo che il professor Ravveduto ha posto l’attenzione: l’interpretazione dei film è fondamentale per poter avere una rappresentazione quanto più fedele possibile, ma per fare questo dobbiamo avere gli strumenti, ovvero un metodo scientifico di analisi. I medium parlano al pubblico, ma ognuno di noi percepisce informazioni diverse in base al proprio bagaglio culturale. Tornando ai giorni nostri un punto di svolta importante è l’uscita di “Gomorra”, prima libro, poi film e infine serie tv. Ci discostiamo molto da quello che era stato raccontato in passato. Non abbiamo più due fazioni che si scontrano, nei sobborghi di Napoli non c’è spazio per la magistratura e i poliziotti. Quello che ci viene presentato è un mondo in cui abbiamo solo camorra, una società nella società. Come i “neri” o i “latinos” anche i camorristi vivono come in un ghetto, hanno una lingua loro e loro usanze. Si rompe l’immaginario precedente: lavorano come narcotrafficanti internazionali ma si comportano e ragionano come se vivessero in una società chiusa. Ravveduto sottolinea inoltre che serve a poco pensare se “Gomorra” abbia un impatto positivo o negativo sulle giovani generazioni, se prima non ci si preoccupa di fornire ai ragazzini gli strumenti per capire quello che vedono rappresentato.

A conclusione dell’evento il professor Ravveduto ha lasciato spazio ad alcune domande. Tra queste è emerso il tema del ruolo della donna. A proposito di questo il professor Ravveduto sostiene che le donne siano entrate nella narrazione in un secondo momento e sempre legate a un uomo. Tra gli esempi che riporta ci sono Rita Atria, una storia di redenzione molto forte di una ragazza che si emancipa ma che ancora resta legata a un uomo che in questo caso è Borsellino; poi abbiamo Lea Garofalo, che secondo il professore può essere vista come la corrispondente femminile di Peppino Impastato, entrambi di famiglie mafiose ma che da queste prendono le distanze. Ovviamente abbiamo anche donne che sono state vicine a uomini dell’antimafia come Francesca Morvillo e Emanuela Setti Carraro, che hanno fatta loro la missione degli uomini che avevano a fianco con coscienza e sacrificio, diventando loro stesse donne di antimafia.

Un’altra domanda invece ci ha permesso di introdurre il tema del racconto epico della mafia nel nostro Paese. Per parlare di questo Ravveduto ha spiegato di come l’antimafia abbia creato, soprattutto a partire dalla seconda Repubblica, una religione civile che origina dai valori della Resistenza. Soprattutto con le stragi del ’92 e ’93 questo concetto si rafforza, tanto che l’ANPI ha sostituito nel suo statuto la parola Resistenza con Resistenze, dove insieme alla Resistenza storica abbiamo quella perenne, che rinnova e perpetua la lotta per la libertà nata nel ’43.

L’intervento si è concluso parlando dei pregiudizi e di come questi oltre che essere presenti condizionano la percezione del fenomeno soprattutto al nord. Come dice Ravveduto, basti pensare ai titoli di giornali all’indomani di un’operazione antimafia al nord: troviamo sempre riferimenti al sud, si cercherà di attribuire il fenomeno al meridione, come a voler ripulire il nord da ogni peccato. Purtroppo la mafia non è solo violenza e sangue, anzi laddove trova persone con cui creare contratti la violenza non ha senso di essere usata. Ciò che è malato è il mafioso ma anche la nostra economia e il modo di fare impresa, tanto al sud quanto al nord.

Come più volte ricordato da Ravveduto quello che serve è essere informati, per poter capire meglio quello che ci viene mostrato al cinema e in tv, in modo da poter avere una rappresentazione del fenomeno il più vicino alla realtà possibile.

Ringraziamo la Fondazione CRC e il CSV Centro Servizi per il volontariato per sostenerci in questo progetto. Ringraziamo il professor Ravveduto per averci dedicato il suo tempo e la sua competenza. Ringraziamo ovviamente tutti ragazzi delle scuole che hanno partecipato, senza i quali questo incontro non avrebbe potuto esistere.

Gli Scamperstrati vi aspettano sulle loro pagine social Instagram e Facebook , continuate a seguirci per conoscere i nostri prossimi eventi!

di Francesca Rossanino

MONOLOGO ANTIMAFIA: UN NUOVO ANTIDOTO CONTRO L’ILLEGALITA’

CHIARA PERRECA E DANIELE CINIGLIO, DAL PALCO DI ITALIA’S GOT TALENT AL PROGETTO FENOMENALE

“A Italia’s Got Talent ho deciso di portare il monologo Cento passi di Peppino Impastato”, Chiara ha 21 anni e sogna di fare l’attrice. L’abbiamo conosciuta in seguito alla sua scelta di portare un tema difficile su un grande palco, condividiamo con lei la volontà di parlare a un pubblico giovane e vasto dei temi di Libera.

Daniele Ciniglio, invece, ha 26 anni e nella vita fa i video, ma non solo. A Italia’s Got Talent ha presentato il testo “La camorra è uno scherzo”.

Anche se con modalità diverse, fin da piccoli si sono avvicinati al mondo della recitazione e successivamente hanno deciso di trattare il tema delle mafie. Per Chiara è stata la necessità di trasmettere a un pubblico giovane tratti di un film che l’aveva colpita fin da piccola e che poi aveva compreso maggiormente crescendo.

Per Daniele, è stato diverso: “Ho iniziato a pensare come il mondo camorristico sia per noi un’abitudine nella quale siamo tutti tristemente coinvolti, e come tutta questa giostra fosse presente intorno a noi in qualsiasi momento della giornata e in ogni episodio della nostra vita”. Daniele ha iniziato a guardarsi intorno e a vedere tratti di quella presenza ovunque. “Dire La camorra è uno scherzo, equivale a dire che per noi la camorra è un qualcosa di normale, diventa quindi un modo per raccontare quello che vedo”.

La presenza del territorio ha influito molto sulla scelta e sulla produzione dei contenuti proposti, abitare e fare esperienza di un determinato contesto influenza la narrazione e la sensibilità di ciascuno. Spesso hanno pensato di abbandonare la loro terra, anche solo per fare nuove esperienze, ma allo stesso tempo hanno deciso di restare perché “qui è casa, ed è giusto che io racconti quella che è casa mia, con tutti i litigi che ci sono ed è giusto che io provi ad affrontarli restando qui e non andando via. Anche perché quello che ho raccontato è una faccia della realtà, seppur triste, ma c‘è tanto altro” ha spiegato Daniele.

Ovviamente appartenere a un piccolo paese comporta anche un particolare riconoscimento, soprattutto quando si trattano temi così importanti. Salire su un palco importante per tenere monologhi simili ripaga di tanta fatica. “Quella sera ho avuto un riscontro che non mi aspettavo “ ci ha confidato Chiara. “Il giorno dopo mi sono ritrovato sommerso da messaggi di persone molto diverse, giornalisti sotto scorta, comandanti della polizia, procuratori antimafia…questo mi ha fatto capire tanto, come anche solo dire una cosa può spostare gli equilibri e che non mi aspettavo assolutamente” ha detto Daniele.

Con Daniele e Chiara, abbiamo inoltre capito come l’attività di contrasto alle mafie possa assumere diverse modalità e si costruisca mediante l’azione di persone diverse. Se da una parte l’antimafia viene collegata all’azione delle forze dell’ordine e dei magistrati che si fanno carico in prima linea della lotta alla criminalità organizzata è giusto però puntare il faro su realtà che con modalità diverse cercano di fare altrettanto. “Per molto tempo il proliferare di queste forze mafiose è stato possibile anche a causa di una reticenza diffusa. Il fatto che oggi si stia alzando la testa e che si parli più facilmente è positivo e fa la differenza. Faccio l’esempio del mio paese, Ottaviano, che è stata una roccaforte della Camorra partenopea degli anni ‘80, oggi c’è sicuramente un’influenza camorristica, come in altre parti d’Italia, ma con il parlarne si inizia ad essere più forti. Tante persone sono venute fuori da situazioni di pizzo grazie agli esempi dei loro vicini che ne avevano parlato o avevano denunciato” ci ha raccontato Daniele, lo steso ha confermato Chiara, portandoci la testimonianza del suo paese, Bacoli.

Quando si trattano temi simili attraverso supporti audiovisivi bisogna fare attenzione a scindere realtà e finzione. I boss mafiosi spesso vengono rappresentati come persone importanti e ricche, questa capacità spetta però, secondo Daniele, non tanto agli sceneggiatori o ai produttori ma all’educazione dei ragazzi che vedono questi prodotti. Nella realtà i grandi boss, nonostante siano in carcere, godono ancora a livello locale di una sorta di rispetto diffuso in buona parte della popolazione. Quindi il problema non è la rappresentazione eroica del camorrista ma il fatto che una parte della società dipinge il camorrista vero come tale. Ciò che viene rappresentato nella fiction rispecchia quello che avviene nella società e non viceversa. L’audiovisivo non ha la funzione sempre di educare ma di intrattenere, mentre il compito educativo spetta ad altre istituzioni.

Nella loro attività artistica, i due ragazzi, hanno avuto momenti di sconforto senza mai però perdere la voglia di provarci, il web e la recitazione ti danno la possibilità di essere libero, di esprimere i tuoi pensieri.

Trasparenza e onestà sono i valori che guidano i nostri due giovani ospiti,tra sogni e speranze per il futuro Chiara e Daniele hanno già tante idee anche rimanendo vicini al mondo del contesto antimafia.

Grazie a Chiara e Daniele, grazie per averci raccontato la vostra esperienza e la vostra arte, grazie per aver portato su un palco così importante questi temi.

Grazie anche alla Fondazione CRC e al CSV centro servizi per il volontariato che ci permette di parlare e confrontarci con altre realtà all’interno del Progetto Fenomenale nato dall’incontro tra l’associazione LIBERAVOCE e l’associazione KOSMOKI all’interno del bando MondoIdeare.

Continuate a seguire il viaggio degli Scamperstrati, potete seguire tutti i prossimi incontri sulle nostre pagine social: Facebook e Instagram.

di Elisa Rossanino

LENTO, APPROFONDITO E GIUSTO

IL GIORNALISMO D’INCHIESTA DI LOREM IPSUM CON PIETRO E CRISTIANA, FINALISTI AL PREMIO MORRIONE

Lorem Ipsum: Lentezza, Osservazione, Relazione, Essenzialità, Media, Insieme, Passato, Sostegno, Utilità, Mondo. Per definizione è un testo riempitivo che di per sé non significa nulla e che viene ripreso da Cicerone ma solo perché viene inteso come un testo “comodo”, ha un numero di lettere adatto a capire se un testo sta bene in pagina. “Ci è piaciuto come nome perché tra le altre cose c’era la volontà di uscire da un certo protagonismo che caratterizza il mondo del giornalismo. Le storie che raccontiamo vogliamo che siano prima della singola persona che la racconta”.

In questo anno di pandemia sono stati molti i progetti che hanno dovuto ripensarsi e trovare nuove modalità per presentarsi. Come il progetto Fenomenale, anche il Premio Morrione ha dovuto cambiare rotta e adeguarsi alla situazione. Anche per questo abbiamo scelto di dare spazio, nell’ultimo incontro dell’anno, a Pietro e Cristiana, giornalisti e finalisti al Premio Morrione. “Siamo molto contenti dei risultati di quest’anno. I ragazzi sono stati molto bravi anche se è mancato loro il poter fare rete, a cui Roberto Morrione, fondatore del premio, teneva molto. Tuttavia, entrando nella decima edizione, cercheremo di recuperare questo rapporto che ci è mancato” ha introdotto Mara Morrione.

Pietro e Cristiana, Libera Informazione, fondata dallo stesso Roberto Morrione, e la passione per il giornalismo sono strade che si sono velocemente intrecciate tra di loro e poi con la nostra, quella del progetto Fenomenale.

L’importanza del fare rete è alla base di Libera e la conoscono bene anche loro. Hanno deciso di unirsi per creare un collettivo con la voglia di creare un’informazione libera e senza limiti. Il premio Morrione ha permesso loro di cimentarsi nel giornalismo d’inchiesta che oggi, purtroppo, in Italia, non è molto sostenuto. “Essere finalisti del premio per noi è stata un’emozione grandissima perché rispecchia a pieno quelli che sono i nostri valori e quelle che sono proprio le linee guida del nostro modo di intendere e di fare giornalismo” hanno sottolineato Pietro e Cristiana. Il premio Morrione si fa sostenitore di un giornalismo che spesso ha tra i protagonisti gli ultimi e, inoltre, sostiene un giornalismo fatto da giovani, sui quali spesso si investe poco. “Ambrasciator porta pena” è il titolo dell’inchiesta di Pietro Adami e di Cristiana Mastronicola che hanno realizzato e presentato al premio Roberto Morrione, che per anni si è occupato della formazione dei giovani passando loro la sua esperienza. Anche l’inchiesta in questione, realizzata in Bangladesh ha dovuto trovare nuove vie per la sua realizzazione, cercando un mediatore che potesse rispondere alle loro domande e alle loro esigenze. L’inchiesta è nata circa un anno e mezzo fa in seguito alla scoperta di una sorta di compravendita di visti che vedono implicate le ambasciate. Il premio è stato l‘occasione per far conoscere l’idea e per realizzare concretamente l’inchiesta, trasformando il progetto in realtà. L’inchiesta è proseguita al di fuori del Bangladesh in seguito ad alcune segnalazioni successive. L’importanza di far conoscere il lavoro è stato fondamentale per avere ulteriori spunti di approfondimento estendendolo ad altri paesi.

Ci siamo poi confrontati con i ragazzi di Lorem Ipsum sul problema particolarmente attuale del crescente fenomeno delle fake news che cresce parallelamente al giornalismo online al quale la proposta del collettivo di cui fanno parte Pietro e Cristiana cerca di contrapporsi, con un giornalismo che scava nel profondo alla ricerca della verità. Il loro giornalismo, approfondito e lento, si basa su una realtà editoriale diversa. Lavorare come freelance in questo modo ti permette di avere maggiore libertà, di sperimentare e curiosare seguendo storie e interessi con il sostegno e il supporto del collettivo. Tuttavia essere freelance e fare inchiesta è molto difficile, soprattutto per problemi economici e perché poche realtà editoriali decidono di investire finanziando inchieste e premiando una forma di giornalismo come questo.

“È necessario ricordare l’articolo 21 della Costituzione: la libertà di informare ma anche di essere informati. Questa crisi dell’informazione ricade su tutti”.

Lorem ipsum crede fortemente nel valore del giornalismo dal basso o locale, ci sono molti esempi anche nel nostro paese che si sono creati una certa credibilità e che sono stati fondamentali anche per ricreare il rapporto con il pubblico e la società accorciando la distanza tra scrittore e lettore.

La difficoltà di fare giornalismo c’è soprattutto se si toccano certi argomenti o certe figure. Sul nostro territorio, come ha ricordato Cristiana, ci sono tanti professionisti che ogni giorno combattono in silenzio la criminalità organizzata vivendo e lavorando sotto scorta. Nella realizzazione dell’inchiesta presentata al premio Morrione si sono dovuti confrontare, non con la “nostra” mafia, ma sicuramente con una mentalità mafiosa. Ovviamente mafia e corruzione continuano ad avere un potere pervasivo soprattutto a livello economico.

Spesso il fenomeno mafioso viene raccontato facendo riferimento a molteplici stereotipi, tuttavia la narrazione di questo mondo è in parte cambiata negli ultimi anni. Figure come quella di Peppino Impastato, anche grazie al linguaggio cinematografico ha acquisito sempre più popolarità e il mondo dell’antimafia è diventato sempre più affascinante.

Oggi fare il giornalista è sicuramente molto difficile ma al tempo stesso affascinante, permette di scoprire mondi, persone, storie che diversamente sarebbe difficile ascoltare ed è fondamentale fare rete per unire competenze diverse e fenomeni mafiosi diversi. Ci vuole coraggio per intraprendere un percorso del quale non sai che risonanza o importanza può avere e per di più farlo da donna.

Come è stato ricordato più volte durante l’incontro, servono passione, curiosità, rete, coraggio, fantasia, tenacia e poi anche il Premio Morrione per realizzare grandi progetti. Serve un giornalismo giovane, lento e approfondito per portare alla luce la mentalità mafiosa diffusa davvero in tutto il mondo.

Ringraziamo di nuovo La Fondazione CRC, il CSV che ci hanno permesso di scoprire nuove realtà e nuove voci. Ovviamente ringraziamo per la disponibilità Pietro e Cristiana, per averci incuriositi e portato la loro testimonianza e ovviamente non possiamo non ringraziare Mara Morrione, moglie di Roberto e organizzatrice del premio. Per avere ulteriori informazioni sulle inchieste di quest’anno e degli anni passati potete visitare il sito www.premiomorrione.it dove potete trovare anche il nuovo bando.

Gli SCAMPERSTRATI vi aspettano come sempre sulle loro pagine social per rimanere sempre aggiornati sui prossimi eventi!!

di Elisa Rossanino

UN’ULTIMA GIOCATA CON MISTER JACKPOT

ALLA SCOPERTA DEL MONDO DEL GIOCO D’AZZARDO PATOLOGICO CON LA COMPAGNIA TEATRALE DI TOM CORRADINI

“E’ bello innamorarsi di una donna e perdere la testa per lei, io l’ho persa per te, G1224 fabbricata in Emilia Romagna, una slot machine”.

Era il 4 ottobre 2020 quando la Compagnia teatrale di Tom Corradini ha portato sul palco del teatro Aurora di Savigliano lo spettacolo “Mister Jackpot” raccontando il dramma del gioco d’azzardo patologico che causa numerose vittime silenziose ogni anno in tutta Italia.

Marco De Martin, attore protagonista, ha scelto di raccontare questo fenomeno attraverso un linguaggio comico e coinvolgente, cercando di interagire fin da subito con il pubblico in sala. La storia raccontata, infatti, potrebbe essere quella di chiunque: un parente, un amico, un conoscete o proprio la nostra. Ci catapulta in una vita caratterizzata da un lavoro frustrante, una rete di relazioni molto superficiali e una generale insoddisfazione, mentre il protagonista sogna una vita come quella di James Bond.

Un incidente, l’arresto, la prigione e il ritorno alla libertà, la necessità sempre crescente di denaro e la fine della sua relazione sentimentale, la depressione, i bar e le slot. L’inizio di una dipendenza che lo risucchia totalmente, la fine del lavoro e il licenziamento. Una serie di eventi che determinano un cambiamento repentino, la fine della routine e la trasformazione completa del protagonista.

L’attrazione per le slot machine e il gioco vengono rappresentati al pubblico con il colore nero che riempie il palco sempre più spesso, oltre alle luci, lo spettatore viene avvolto da un vortice di suoni che lo intrappolano, proprio come il protagonista che poco per volta perde la sua dignità e diventa scontroso e irrispettoso. L’ossessione per il gioco aumenta progressivamente e la necessità di avere sempre più soldi cresce. In questa situazione di turbamento si apre uno spiraglio per l’emotività, rappresentato dall’incontro con la madre dove all’improvviso, il protagonista torna bambino tra le braccia di quella donna che per molto tempo lo aveva protetto.

Intanto continua, nel gioco di luci e suoni, il peggioramento della condizione del giocatore, la situazione ricca di angoscia accompagna una vita ormai distrutta dal vizio del gioco che ha determinato la perdita della casa, di ogni affetto, l’aumento dei vizi e che ha come unico esito la perdizione totale.

Soldi, auto, donne, alcol, fumo catapultano il protagonista nella vita di James Bond e rendono, agli occhi dello spettatore, al meno in un primo momento, la sensazione di vedere la vita di un vincete, di un eroe. Tuttavia, lo spettatore è testimone diretto della nascita di una dipendenza ed è proprio questo che coinvolge, tra luci e suoni, il pubblico. Si mostra la capacità del gioco di rapire totalmente e di allontanare dal mondo reale. La metamorfosi del giocatore è totale e dall’esterno è piuttosto difficile capire come ciò che è iniziato quasi per gioco possa poi stravolgerti completamente la vita trasformandoti in una persona nuova.

Nello spettacolo “Mister Jackpot” il GAP (gioco d’azzardo patologico) viene messo in scene in tutta la sua drammaticità e la sua intensità, mostrando diverse emozioni come quella di cercare in continuo di ottenere il jackpot. Non vi è la volontà di spiegare la difficoltà di accettare una serie di perdite, ma di mostrare la sofferenza di chi vive la dipendenza e la lotta continua nel cercare una via di uscita, spesso irraggiungibile, in un modo fatto di strategie e di inganni. La comicità viene relegata alle scene iniziali funzionali a mostrare allo spettatore la banalità dell’inizio di una dipendenza così devastante che la compagnia di Tom Corradini è riuscita a comprendere e a dare voce attraverso il protagonista dello spettacolo. La narrazione nasce dall’intreccio di tante storie vere e dalla loro successiva rielaborazione. L’analisi del fenomeno è piuttosto approfondita, e la comprensione dei sentimenti che caratterizzano situazioni simili è stata possibile grazie al lavoro combinato con un team di psicologi. Lo spettacolo aiuta ad accendere i riflettori su un fenomeno che sempre di più interessa e colpisce la nostra società sul quale però l’informazione e l’attenzione sono ancora insufficienti.

“Tre K 30€, tre Natasha 50€ e il jackpot James Bond (…). Oh! Due K, quasi (…) Wow! Tre K, 30€. Io non ho mai vinto niente nella mia vita. Wow, 30€”.

La fine è la parte più tragica, come sempre, forse perché è tutto quello che lo spettatore si porterà a casa.

“E’ giunto il momento di fare l’ultima giocata e andate all-in e qua dentro non mi resta che metterci l’anima (…). Perché non si gioca per vincere ma per comprarsi una speranza. Io ho giocato per perdere o per perdermi”

Così si è concluso il nostro viaggio nel gioco d’azzardo.

Noi, i ragazzi del progetto Fenomenale, abbiamo voluto parlare di uno dei temi cari all’associazione Libera, che da anni si batte sul nostro territorio, ma non solo, per ottenere dalle Regioni importanti leggi per la regolamentazione del gioco d’azzardo. Da qui nasce la volontà di tutelare i giocatori caduti vittima del tranello, la società nel suo complesso colpendo, ancora una volta, la criminalità organizzata che, come in altri settori, guadagna approfittando delle debolezze e gioca con le vite altrui.

Questo è stato solo un altro piccolo metro percorso in modo simbolico dal camper del gruppo degli Scamperstrati che hanno dato vita al Progetto Fenomenale. Il progetto nasce dall’unione di Liberavoce con l’associazione Kosmoki e cerca di diffondere i temi di legalità e giustizia tra i giovani con il supporto della Fondazione CRC e del CSV.

Ringraziamo chi ci permette di realizzare il nostro viaggio, la compagnia di Tom Corradini per aver arricchito il nostro percorso, Marco De Martin per averci emozionati e fatto riflettere, il cinema Aurora di Savigliano per la disponibilità e l’accoglienza e tutti coloro che ci accompagnano nel nostro percorso.

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di Elisa Rossanino

I PUPI ANTIMAFIA

DA PALERMO A NOVELLO

“La stanza di Lia”, la storia di Lia Pipitone raccontata attraverso l’arte dei pupi siciliani dalla Compagnia Marionettistica Popolare Siciliana di Angelo Sicilia di Palermo. Angelo Sicilia, da anni, porta in tutta Italia e nel mondo non solo una preziosa arte, quella dei pupi siciliani, ma le storie delle vittime innocenti di mafia del nostro Paese, che, come insegna Libera da tanto tempo, non devono e non possono essere dimenticate. 

Come la storia di Lia, alla quale abbiamo voluto dedicare la nostra serata. Una ragazza come noi, come tante, vitale, allegra e libera, libertà che però ha dovuto pagare cara. Sarà uccisa il 23 settembre del 1983 per volere del padre, boss mafioso di un quartiere di Palermo e che mal tollerava il desiderio della figlia di vivere fuori dai dettami della mafia.

Attraverso il teatro di figura si sperimenta e si propone un nuovo metodo per fare memoria. È proprio per questo che noi, gli Scamperstrati, ideatori e protagonisti del progetto FENOMENALE, abbiamo creduto che non ci fosse ospite e modo migliore per inaugurare i nostri incontri dal vivo, per recuperare il nostro progetto, che non si era fermato, ma si era dovuto adeguare al coronavirus. Il 24 agosto, nella splendida cornice delle Langhe, a Novello, è stata la nostra ripartenza, una goccia nell’oceano, forse. Sicuramente però solo il primo di una lunga serie di eventi che gli Scamperstrati hanno pensato di organizzare in tutta la provincia di Cuneo.

Il progetto Fenomenale, nato per parlare ad un pubblico di giovani di temi come la legalità, l’impegno, la memoria, che tanto sono cari a Libera, ha ritrovato nel teatro dei pupi un linguaggio nuovo e sicuramente diretto, capace di toccare e muovere le coscienze, anche di chi non è abituato a confrontarsi e a riflettere su tematiche di questo tipo. 

Lo spettacolo non è stato altro che il coronamento di una giornata ricca, iniziata con il workshop sul mondo del teatro di figura, con un particolare focus sui pupi siciliani, e l’aperitivo realizzato con i prodotti di Libera Terra. 

In un solo giorno abbiamo unito il nord al sud, storie che apparentemente non si appartenevano, incrociato strade che forse non si sarebbero mai incontrate, raccontato storie che forse non sarebbero mai state ascoltate, aperto gli occhi e la mente a pensieri nuovi. Abbiamo mostrato e fatto assaggiare il frutto del lavoro che viene svolto nei beni confiscati alle mafie in tutto il nostro Paese. E infine, conosciuto persone che da anni hanno deciso di seguire una strada e di percorrerla ogni giorno, con passione e dedizione, per far conoscere la storia di Peppino Impastato, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Pio La Torre, Padre Pino Puglisi, Rosario Livatino, Giuseppe Di Matteo, Lia Pipitone e molti altri, attraverso quelli che sono diventati i “Pupi Antimafia”.

Infine vogliamo ringraziare: la Fondazione CRC e il CSV(Centro Servizi per il Volontariato) che ci permettono di realizzare il progetto, il Comune di Novello per l’accoglienza e la disponibilità, l’associazione YEPP Langhe per l’appoggio costante e l’ottima collaborazione e infine, ovviamente, Angelo Sicilia e la sua compagnia per aver accettato il nostro invito e per il “lavoro” che hanno fatto e che continuano a fare. 

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di Elisa Rossanino